Ai sensi della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004, si definisce “rischio, in una data zona, la probabilità che un evento, atteso e/o in atto, nonostante le azioni di contrasto, determini un certo grado di effetti gerarchicamente e quantitativamente stimati, sugli elementi esposti in tale zona alla pericolosità dell’evento stesso”.
In termini analitici, il rischio può essere espresso come il prodotto risultante di tre fattori:
- Pericolosità dell’evento, ovvero la probabilità che un fenomeno si manifesti con una determinata intensità, in un certo periodo di tempo e in un data area geografica.
- Vulnerabilità, ovvero la propensione di ciascun elemento esposto al rischio a subire le sollecitazioni indotte da un evento di determinata intensità.
- Valore dell’esposto, ovvero il numero di unità degli elementi a rischio (vite umane, infrastrutture, attività economiche, risorse naturali, ecc.).
Per poter agire in fase preventiva bisogna quindi effettuare l’analisi della pericolosità del territorio, intesa come possibilità di accadimento di eventi catastrofici, l’analisi della vulnerabilità del sistema antropico (bersagli) e della vulnerabilità territoriale al danno (risorse) che permette di comprendere meglio l’estensione e la severità dei potenziali danni e la capacità del sistema di tornare alla normalità.
Dalla combinazione di queste informazioni si può ottenere una classificazione del territorio in funzione del rischio e su questa base sviluppare le fasi successive della pianificazione.
Il rischio non può essere completamente eliminato; tuttavia, lo si può ridurre fino a raggiungere una soglia definita di rischio accettabile. Il margine di rischio che rimane a seguito delle opere di mitigazione viene definito rischio residuo. Le strutture di protezione civile hanno l’obiettivo di mitigare l’impatto generato dal rischio residuo attraverso:
- Una efficace attività di allertamento.
- Una efficiente azione di risposta in caso di criticità in atto.
Le diverse tipologie di rischio possono dipendere da eventi di tipo naturale ovvero di tipo antropico (causati cioè dall’azione dell’uomo).
Gli eventi calamitosi possono essere classificati come eventi prevedibili ed eventi non prevedibili. Gli eventi prevedibili, detti anche eventi con preannuncio, sono generalmente preceduti da segnali precursori ovvero fenomeni naturali tenuti sotto costante monitoraggio e che, al verificarsi di particolari condizioni, ne annunciano l’accadimento.
Gli eventi non prevedibili, detti anche eventi senza preannuncio, non sono generalmente preceduti da fenomeni precursori che ne permettano la previsione; può tuttavia capitare che gli stessi precursori siano così ravvicinati temporalmente all’evento da non permettere l’attuazione di misure preventive.
Di seguito viene sinteticamente riportata una descrizione dei principali rischi analizzati: